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Quando senti che la tua luce si è affievolita: come ascoltarti e ritrovare te stessa


Ci sono giorni in cui continui a funzionare. Lavori, parli con le persone, sorridi, fai tutto ciò che devi fare. Eppure senti una cosa strana, difficile da spiegare.

Come se dentro di te qualcosa si fosse fatto più tenue.

Non è un dolore evidente.

Non è un problema preciso.

È un’energia che si abbassa, una vitalità che non senti più come prima.

Una luce interiore che non scompare, ma si ritira.


Qualche giorno fa ho aperto un box domande nelle storie di intagram:

dove senti che la tua luce ha perso un po’ di forza?

Le risposte sono state così vere da meritare uno spazio dedicato. Così nasce questo articolo: per trasformare il tuo sentire in un percorso di consapevolezza reale.

donna che riscopre la sua luce

Perché la luce interiore si affievolisce?


Nel counseling e nei percorsi educativi, questo fenomeno è molto comune.

Non è debolezza, non è “non essere abbastanza”. È un segnale che qualcosa di te ha bisogno di essere riascoltato.

Un riferimento centrale, Carl Rogers, parlava di incongruenza: il momento in cui ciò che vivi dentro non coincide più con ciò che mostri fuori.

Quando questo succede, la luce non si spegne, si protegge.

Ecco le ragioni più frequenti.


1. Stai andando avanti da troppo tempo in modalità “forza e controllo”

Quando vivi per mesi, anni, in una modalità in cui “devi tenere tutto insieme”, accade una cosa sottilissima. Continui a funzionare, ma smetti di sentirti.

Non te ne accorgi subito. La modalità forza è silenziosa, efficiente, educata. È quella che ti dice “Stringi i denti” “Non è il momento di crollare” “Prima gli altri” “Poi io”.

È una modalità che nasce spesso da storie in cui hai dovuto crescere in fretta, oppure da contesti in cui nessuno ti ha mai davvero alleggerita. E quando diventa un’abitudine, ti dimentichi che non è normale andare sempre così.

La luce si affievolisce perché non trova più spiragli. Regge, regge, regge… finché smette di brillare per te e rimane accesa solo per dovere.

La parte che si spegne è quella più viva, quella che avrebbe bisogno di lentezza, di confini, di chiedere aiuto. Ma tu la copri con il fare, con l’organizzare, con il controllare.

Nel counseling questo lo vedo spesso: la forza senza alternanza alla cura diventa una forma di solitudine.

E non è colpa tua. È un ritmo che hai imparato per sopravvivere.


2. Non stai ascoltando un bisogno importante

Ci sono bisogni che non parlano, non urlano, non sbattono i pugni.

Si esprimono attraverso una stanchezza che non passa, un vuoto che non capisci, un'agitazione che non sai spiegare, un malessere che ti sembra ingiustificato.

Paulo Freire, nella sua pedagogia della consapevolezza, parlava del “silenzio interno”.

È quello spazio dove metti tutto ciò che non sai dove mettere: i tuoi desideri, le tue mancanze, la tua creatività, la tua voglia di sentire, la tua parte più autentica.

Quando non ascolti un bisogno importante, il corpo non ti punisce, ti segnala.

E lo fa abbassando l’energia, togliendoti entusiasmo, prosciugando vitalità.

È come se dicesse “Non posso continuare a correre se tu non guardi da dove arrivo”.

I bisogni non ascoltati non spariscono. Si spostano altrove. Si trasformano in sensazioni che non capisci e che però ti chiedono attenzione.

E la luce si fa piccola proprio lì, nei bisogni disattesi.


3. Ti sei abituata a non chiedere aiuto

Ogni donna che non chiede aiuto è una donna che, a un certo punto della sua vita, ha imparato che nessuno c’era. Oppure che essere autonoma era più sicuro che essere vulnerabile.

Nella pedagogia della cura, Nel Noddings parla di “relazioni significative”, quelle relazioni in cui possiamo appoggiarci senza sentirci un peso. Se nella tua vita queste relazioni sono mancate, è normale che tu abbia costruito una corazza.

Non chiedere aiuto non è aver carattere. È un adattamento.

Succede così: ti abitui a cavartela, ti abitui a non disturbare, a gestire.

Ti abitui a non chiedere, a farti bastare tutto e piano piano ti convinci che non hai bisogno di nessuno.

Ma ogni forma di autosufficienza assoluta ha un costo. E il costo è la tua luce.

Perché la luce interiore si alimenta anche attraverso la relazione, lo scambio, la reciprocità, la presenza dell’altro. Quando tutto questo manca, non ti spegni…ma ti sfinisci nell’invisibile.

E una parte di te, quella più tenera, quella che vorrebbe essere accolta, si ritrae.


4. Vivi in una versione di te che non ti assomiglia più

Questa è una delle cause più profonde di affievolimento della luce.

Non è che stai male. È che non ti riconosci.

Hai cambiato modo di sentire, hai cambiato desideri, hai cambiato sensibilità.

Hai cambiato priorità.

Ma il mondo attorno a te continua a vederti come prima, continua a chiederti la stessa versione di te che ormai non esiste più.

È un cambiamento silenzioso, sottile, intimo. Succede dentro prima che fuori.

E quando fuori non ti rappresenta più, nasce un piccolo dolore, quasi impercettibile, che però consuma: la dissonanza tra chi sei diventata e chi continui a interpretare.

È come indossare un vestito troppo stretto: non ti fa male subito, ma lentamente ti toglie respiro.

La luce si affievolisce ogni volta che tradisci una parte nuova che sta emergendo.

Ogni volta che ti costringi a essere quella di ieri perché ti sembra che il mondo non è pronto per quella di oggi.

È un segnale importantissimo. Un invito alla verità, alla congruenza, a tornare in sintonia con te stessa.


Le risposte che mi avete dato: cosa raccontano davvero

Dalle decine di risposte ricevute, emergono cinque grandi aree in cui la luce si affievolisce più spesso. Le esploriamo una per una, con riflessioni e strumenti concreti da usare subito.


1. La solitudine che non racconti

Mi sento sola anche se non lo dico a nessuno. Quando mi sento sola nonostante non lo sia.

Questa è la solitudine più dolorosa: quella che vivi anche quando sei circondata da persone.

In ottica di counseling, Martin Buber parlerebbe di relazione “Io-Esso”: sei in mezzo agli altri, ma non sei vista davvero.

Cosa puoi fare oggi?

Cerca un contatto minuscolo e autentico. Un messaggio, una chiamata, una frase: “Hai un attimo?” "Avrei bisogno di stare un po' insieme" "Ti va se ti racconto come sto?"

Chiediti:

In quale parte della tua vita ti senti sola anche se non lo sei?


2. Il desiderio che non si accende più

Non sono più felice come prima, mi sembra tutto difficile. Ho perso il desiderio.

La perdita del desiderio è un segnale educativo importantissimo: hai dato così tanto fuori che dentro non c’è più spazio.

Cosa puoi fare oggi?

Ritrova un micro-piacere da 5 minuti. Non per fare, ma per sentire. Coltivalo, dagli spazio..allenalo e sprigiona la tua creatività.

Prova a chiederti:

Cosa potrebbe accendere anche una piccola scintilla in te?


3. L’amore che stanca

Nell’amore sono sfortunata. Ho smesso di cercare. Vorrei qualcuno che sappia esserci quando crollo anche io.

Qui la luce non si spegne, si consuma. Perché ami senza essere nutrita.

Victor Frankl direbbe che qui manca il “perché” che dà significato, non l’amore. E senza significato, la luce interna si ritira.

Cosa fare?

Metti un confine gentile: “Di questo adesso non riesco a parlare” oppure “Ho bisogno di tempo per me”.

Ti lascio un domanda:

Quale gesto di cura stai aspettando da troppo tempo?


4. Il lavoro che non ti rappresenta più

Al lavoro non trovo uno scopo. Non mi riconsco nella mia professione. Faccio un lavoro che mi sfianca.

Quando cambi tu, ma il contesto non cambia, si crea una frattura. È lì che la luce si affievolisce.

Potresti provare a

Identificare una sola cosa che vuoi modificare entro il prossimo mese. Una. Poi sii fedele a te stessa.

Chiediti:

Quale parte di te non trova spazio nel lavoro che fai oggi?


5. La fatica di tenersi in piedi da sole

Mi sto tenendo in piedi da sola. Ho mollato le passioni… non trovo più tempo per me.

Questa è la luce che si abbassa perché nessuno ti ha insegnato ad appoggiarti. Nel counseling, la chiamiamo “iperfunzionamento”.

Cosa potresti fare oggi?

Rinuncia a un compito non necessario. Uno solo. Crea una scala di valori e inizia a concentrarti solo sulla prima mettendo in pausa le altre. Una alla volta, focalizzando le tue energie.

Domanda:

Quale piccola cosa potresti rimettere al centro senza sentirti in colpa?


La luce interiore non scompare mai


Secondo Carl Rogers, ogni persona possiede già le risorse per crescere e ritrovarsi. Non bisogna ricostruirle, bisogna solo rimuovere ciò che le blocca.

La luce interiore funziona allo stesso modo. Non si spegne, sii protegge, si nasconde quando ha bisogno di tempo, cura, verità, presenza.

E quando inizi a nominarla, anche solo con una risposta in un box domande, fa già un passo verso di te.


Come aiuta il Counseling di valorizzazione Bi quando la tua luce si affievolisce


Il counseling non aggiusta e non corregge.

Non ti dice come dovresti essere, ti riporta a te.

È uno spazio di relazione autentica in cui puoi:

  • riascoltarti;

  • ritrovare senso;

  • mettere ordine dentro;

  • nominare ciò che non hai mai detto a nessuno;

  • alleggerire ciò che pesa;

  • recuperare parti di te lasciate indietro;

  • capire quali bisogni stai ignorando;

  • costruire confini più sani;

  • tornare al tuo ritmo, alla tua verità.


È un lavoro delicato, ma profondo. Per me è un ritorno a casa.

E dentro questa casa, nel mio modo di lavorare, c’è un elemento in più, unito in modo naturale e potente:

la consulenza d’immagine come linguaggio dell’identità.


Perché l’immagine non è solo “come ti vesti”. È la storia che il tuo corpo racconta.

È la cornice in cui ti muovi, il modo in cui occupi spazio.

È la tonalità con cui ti presenti al mondo e il “messaggio silenzioso” che invii senza accorgertene.

Quando la luce si affievolisce, spesso è proprio l’immagine la prima a mostrarcelo: non ti riconosci più, non ti piaci più, non sai cosa ti rappresenta, senti un distacco tra chi sei fuori e chi sei dentro.

E qui nasce l’essenza autentica di Bi: un lavoro integrato in cui l’immagine sostiene il counseling e il counseling dà profondità all’immagine.

È un intreccio sottile e creativo.

Nel percorso:

  • l’immagine diventa una mappa che rivela parti di te;

  • i colori che scegli (e quelli che rifiuti) parlano di bisogni interiori;

  • le essenze di stile mostrano come ti muovi nel mondo;

  • la forma che scegli di mostrare racconta ciò che stai attraversando;

  • il modo in cui occupi spazio riflette il rapporto con il tuo valore.


E il counseling ti aiuta a leggere tutto questo senza giudizio, a comprenderne il senso e a restituire significato a ciò che indossi, a ciò che eviti, a ciò che racconti senza parole.

È un incontro tra dentro e fuori, tra chi sei e come ti esprimi.

Tra la tua voce e la tua presenza, tra la tua storia e le tue scelte quotidiane.

Significa onorare la tua unicità.


Se leggendo ti sei riconosciuta anche solo in un frammento, forse è un momento buono per non attraversarlo da sola.

Se vuoi, possiamo guardare insieme dove la tua luce sta chiedendo spazio, tempo, cura e verità.


 
 
 

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