
Bella o intelligente? Il falso dilemma che apre la porta a relazioni tossiche
- Veronica Compagnoni
- 18 ago
- Tempo di lettura: 4 min
“Meglio essere bella o essere intelligente?”
È una domanda che sembra innocente, eppure ha segnato generazioni di donne. Una dicotomia che riduce, che costringe a scegliere, che ci spinge a pensare di dover essere sempre metà.
Questa frattura interiore non è solo un pensiero: diventa il terreno fertile su cui nascono relazioni squilibrate, spesso tossiche, in cui perdiamo di vista la nostra interezza.
La trappola degli stereotipi

Alberto Zatti, professore che ho avuto la fortuna di incontrare durante i miei studi all’Università di Bergamo, ha scritto molto sulla psicologia delle differenze di genere.
Uno dei suoi contributi più preziosi è mostrarci come gli stereotipi – come il dilemma “bella o intelligente” – non siano realtà oggettive, ma costruzioni culturali che plasmano il nostro modo di pensarci e di viverci.
Se cresci credendo di dover essere una cosa o l’altra, finirai per guardarti sempre con sospetto.
Se sei bella, temi di non essere considerata seria.
Se sei intelligente, temi di non essere desiderabile.
Ed è qui che il seme della tossicità comincia a germogliare: quando accetti che il tuo valore possa essere ridotto a una sola dimensione.
Relazioni tossiche e riduzione di sé
Quando interiorizzi questo falso dilemma, rischi di attrarre relazioni in cui vieni scelta solo per il tuo aspetto o solo per la tua mente.
In entrambi i casi, vieni trattata come un frammento, mai come un’interezza.
E più accetti questa riduzione, più i confini diventano labili. La relazione rischia così di trasformarsi in terreno di manipolazioni, ricatti emotivi e dipendenze affettive.
Susan Forward, nel suo celebre libro sui ricatti emotivi, spiega come paura, senso di colpa e obbligo siano i tre strumenti principali con cui una relazione può diventare tossica.
Quando ti senti “meno”, sei più vulnerabile a queste dinamiche.

I confini come antidoto
Secondo me, una delle risposte più potenti sta proprio nei confini.
Perché sono loro a ricordarci che non dobbiamo ridurci a una sola parte. I confini non sono muri, ma spazi di respiro, linee che proteggono la nostra interezza.
Quando impariamo a dire “fin qui ci sono io”, smettiamo di accettare relazioni che ci vogliono metà, e cominciamo a vivere rapporti che ci riconoscono per ciò che siamo davvero: intere.
E per poterlo fare bisogna prima pensarsi intere, accogliere le nostre molteplici sfumature, le tante voci che convivono dentro di noi.
Dare voce alle sfumature interiori
Il Voice Dialogue degli Stone, che ho avuto modo di approfondire durante la mia specializzazione in counseling sistemico-relazionale, non è rimasto solo una teoria appresa nei libri.
È diventato un pilastro del mio modo di lavorare: uno strumento concreto che aiuta a riconoscere e a mettere in dialogo le diverse parti interiori, sciogliendo i conflitti che spesso aprono la strada a relazioni tossiche.

Dentro ognuna di noi convivono tante voci:
la parte che vuole piacere ed essere bella,
la parte che desidera essere stimata e riconosciuta come intelligente,
la parte fragile, la parte forte, la parte che vuole leggerezza e quella che cerca profondità.
Accogliere tutte queste voci o sfumature significa riconoscerci piene, ricche, complete, senza escludere nulla.
È da qui che nasce la libertà di portare questa interezza anche nelle relazioni, senza più accettare riduzioni.
Una bellezza che cura
Su questo tema ho avuto una maestra preziosa: Raffaella Trigona, docente che ha accompagnato il mio percorso universitario e la mia tesi di laurea.
Nel suo libro Aver cura della bellezza, di cui vi parlerò meglio nel prossimo appuntamento della rubrica “Libri e film del cuore”, ci mostra come la bellezza possa essere vissuta non come apparenza vuota, ma come gesto etico e di cura profonda di sé.
Questo è Bi
Ed è proprio da qui che nasce il mio modo di intendere Bi: un percorso che unisce counseling e consulenza d’immagine, bellezza e consapevolezza, corpo e voce interiore.
Non è un lavoro terapeutico, ma uno spazio educativo e trasformativo che ti accompagna a vederti intera.
E se durante il percorso emergono tematiche che richiedono un lavoro terapeutico più approfondito, collaboro in sinergia con psicologi e psicoterapeuti: la mia figura diventa allora ponte e facilitatrice, perché credo che ogni professione abbia una dignità e che solo insieme, in rete, tra professionisti, si possa trattare la meravigliosa complessità del genere umano.

Non sei costretta a scegliere. Non sei metà. Sei intera.
E quando impari a riconoscerlo, non accetti più relazioni che ti riducono a una sola parte.
È questo il cuore del lavoro su di sé: riconoscere la complessità come ricchezza, e proteggere con confini sani la tua interezza.
Quando una donna smette di scegliersi a metà e si riconosce intera, cambia anche il modo in cui si lascia amare. E non è mai un cambiamento solo per lei: è un seme che trasforma tutte le donne che le camminano accanto.
Un incontro online di condivisione e riflessione sul tema delle relazioni tossiche, che continua il percorso aperto nei mesi scorsi. Lo guideremo io e Nicole, collega e amica, per creare insieme uno spazio di ascolto e consapevolezza.
Un’esperienza dal vivo di sorellanza e leggerezza: scambiarsi abiti non è solo riuso e sostenibilità, ma anche un atto simbolico di cura reciproca. Anche qui sarò con Nicole, per trasformare un gesto semplice in un momento di relazione autentica.
Se senti che è il momento di lavorare su di te, sui tuoi confini e sulle tue relazioni, puoi trovare tutti i percorsi sul mio sito:
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